Ga… Ga… Ga…

Francesco Di Candia
2 min readJul 24, 2019
Photo by kalpesh patel on Unsplash

Dalle seimenoventi sono già per strada stamattina e, impastato e cisposo, cammino di fretta verso il bar. Un piccione mi affianca e trotterella accanto a me per un po’ guardandomi di lato con l’occhio del piccione che solo i piccioni hanno (sapete tutti di cosa sto parlando, vero?), sospetto sia il padre del pullo che ho investito un mese fa o il pullo stesso, nel frattempo cresciuto. Affretto il passo, sono a disagio con questo ticchettio di zampe che mi segue, ma lui imperterrito mi osserva in tralice ed inizia a dirmi ‘Ga… Ga… Ga…’.

Mi incuriosisco: sono io che, nel frattempo, ho imparato il piccionese o i piccioni stanno frequentando una scuola di lingua umana? ‘Dimmi, che vuoi?’, mi guardo attorno, c’è solo l’operatore ecologico ma ha le cuffie e non può sentirmi, e lui, con la voce di Anna Marchesini: ‘Gabbia aperta uccello morto’. Abbasso gli occhi, lo sguardo pudico di una vergine arrossita davanti ad una giovane erezione, ed ho la cerniera abbassata. Il piccione mi guarda, accenna un occhiolino di complicità e si allontana volando verso un orizzonte di nuvole barocche.

Mi sveglio sudato ed ansimante, sono nel mio letto avvolto nel sudario, legato come in una camicia di forza da cui fatico a liberarmi. Il cuore batte forte, ho davvero imparato il piccionese?

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